La Torre e il Cassero della porta sono il monumento simbolo della città, che ne sancisce ufficialmente la nascita nel 1199 come baluardo di difesa del territorio di Bologna, come ricordato nella lapide infissa sulle sue pietre. La torre era in origine più bassa, simile a quelle della cinta dei Torresotti delle porte di Bologna, probabilmente alla fine del 1200 fu elevata per assolvere alla funzione di vedetta e segnalazione.
Il Cassero, sede della sorveglianza della porta e dei meccanismi del ponte levatoio, forse è dapprima realizzato in legno e poi trasformato più e più volte secondo le esigenze militari delle milizie che, secolo dopo secolo, lo conquistarono ed utilizzarono come avamposto di difesa principale contro i nemici. Nei primi anni del Cinquecento, quando Bologna e Imola passano sotto lo Stato Pontificio, il Cassero perde definitivamente la connotazione militare.
Attorno al 1748 essendo stati fatti lavori per rifare il coperto (forse trasformando il coperto a terrazzo in uno a due falde) si ottiene un ambiente molto ampio ed alto. Si decide di utilizzarlo come locale per “pubblici trattenimenti”.
E’ l’inizio della sua destinazione a Teatro, che sarà modificato e ampliato nel 1830, strutturandolo coi palchi come i teatri dell’epoca.
Nel 1780, a seguito della concessione in enfiteusi al Comune da parte del conte Malvasia della torre e annessi , viene aperto l’attuale passaggio sotto la torre. Durante la prima Guerra Mondiale il Cassero viene usato come alloggio militare. Nel 1916 è colpito da un fulmine e nuovamente ristrutturato ed usato come sala per proiezioni cinematografiche, riunioni, convegni. Nel 1964 viene riaperta l’antico passaggio, ad arco gotico, prospiciente l’antico ponte levatoio. Dal 2008 una nuova ristrutturazione lo ha riportato all’antico uso di teatro.
Nel 1842 la torre viene dotata di una nuova e più grande cella campanaria e nel 1784 di un orologio, che dopo pochi anni, nel 1797, occorrerà cambiarlo per passare dall’”ora italiana” all’”ora francese”.
Un aneddoto. Forse per la presenza di un importante teatro, Alfredo Testoni dedica a Castello un episodio ironico e divertente nella rivista “Ehi ch’al scusa!!!”: “Si vuole ricreare l’atmosfera di una giornata di fiera, in agosto, lo sfolgorio delle toelette, i vestiti del tempo… Tra i giovanotti che si fanno sotto c’è un certo Ughetto Federzoni, con abito di flanellone, colletto alla Falstaff e le scarpe di un bulgaro(?). Per farle vedere meglio tiene i pantaloni un po’ arrotolati. Alla sua innamorata, detta Tisein La Pallida, bisbiglia A j’o la fira in bisacca, che vorrebbe dire Ho in tasca il regalino comprato in fiera, ma Tisein risponde, Va bein, dop Mèssa.